Questo posto ti somiglia.
Dal giorno in cui le travi di castagno erano state girate e riposte nello stesso punto, dalla squadra dei “Magnifici sei”, i lavori procedettero più spediti e decisi di prima.
Quando l’intera opera fu finita, Vivi e il marito restarono a lungo a guardarla: gli sembrava strano e quasi impossibile che, dalla forma primordiale in cui lo avevano preso, il Casale, adesso, avesse una luce totalmente nuova, quasi pervadente e totalizzante.
La cosa che sorprendeva di più i due coniugi era che quel luogo riuscisse ad apparire completamente nuovo, sebbene i materiali con i quali era stato ricostruito fossero quelli con cui era venuto al mondo la prima volta.
Era stato come assistere a un parto strano: il parto di un già nato.
Condurre il parto di un “già nato” è una sensazione molto difficile da identificare, quasi impossibile da definire ma la verità è che quando un “già nato” nasce di nuovo, forse bisogna avere molta più delicatezza nel guidarne i primi momenti di luce.
Un “già nato” si porta dietro la disillusione della vita, le incurie del tempo, le crepe profonde della sua storia: consentirgli di rinascere non significa riconsegnarlo al mondo né privo di ferite, né tantomeno privo di ricordi.
Consentirgli di rinascere significa aiutarlo a credere, nonostante i ricordi e le cicatrici ben in vista, in quella stessa vita che gli ha fatto male.
Se è possibile, significa saldargli, nel cuore, l’amore profondo e la speranza di un futuro diverso e migliore, con meno solitudini e abbandoni.
Ed è così anche quando salviamo l’esistenza delle persone, che amiamo, dai loro fallimenti e li convinciamo che possono ancora stupirsi di loro stessi, che possono ancora nutrire amore per gli altri e che possono affrancarsi dalla sfiducia.
La ricostruzione di un luogo non ha niente da invidiare alla ricostruzione di un cuore depresso o di una mente abbattuta: Entrambe le manovre consistono nel riprendere là dove si è interrotto un processo di crescita.
Il Podere era immerso nella luce rosa del tramonto e Vivi e il marito abbracciati osservavano l’edificio dalla giusta distanza per poterlo accogliere tutto con lo sguardo…
I Magnifici Sei stavano raccogliendo le ultime cose e, di lì a poco, sarebbero saliti su un pulmino e sarebbero tornati ai Castelli Romani.
“Che bello che è!” – disse Vivi, indicando il Casale.
“Ti somiglia…” – rispose lui – “Questo posto continua a somigliare a te… è caparbio, non molla, è altero a vedersi da lontano e fragile se lo tocchi da vicino…”
“Dici?” – sorrise lei – “In realtà, secondo me, questo posto somiglia più a te…”
“A me? Che c’entro io?” – si schernì lui.
“Beh… ha la tua stessa tenacia, non si abbatte nonostante le intemperie e da qualunque punto lo si guardi, devo ammettere che emette sempre un certo fascino…”
“Sento odore di complimenti nell’aria…”
“È l’odore degli ulivi, fidati!”
Risero.
Tutto intorno era bellezza, silenzio, tramonto, pace e campagna umbra.
Tutto intorno era un meraviglioso circolo d’amore, preludio di un addio.