Cosa faccio prima?
Sulla collina, il sole illuminava il mondo con la sua luce tenue e intensa.
Le fronde degli ulivi sembravano d’oro, così come buona parte delle zolle irradiate dai primi raggi del mattino.
La campagna del Podere, tutt'intorno era piena di fresca rugiada e, anche se era una mattina d’estate, l’aria era frizzante, piacevole, rigenerante.
Vivi, che non aveva chiuso occhio per tutta la notte, si trovava di fronte al Casale e lo guardava innamorata sì, ma anche con rabbia, preoccupazione e un pizzico d’angoscia.
“Ma che ho fatto?” – si ripeteva – “Ma come mi sono cacciata in questo guaio?”
Si sentiva addosso la responsabilità economica di una manovra dispendiosa.
Era tornata al Podere per avere il tempo di capire bene se c’era una via percorribile o se, a malincuore, tutto doveva arrestarsi.
Non era una resa dei conti, vera e propria, o forse sì.
L’unica cosa certa è che Vivi si portava dentro una sfiducia che non le era mai appartenuta e quasi quasi, in quel ruolo di professionista angosciata, non si riconosceva più.
In fondo, lei era solo un’imprenditrice di successo che pensava di aver saputo interpretare un messaggio e che, adesso invece, si trovava in una situazione difficile da reggere, per tutte le complicazioni che quella ristrutturazione si portava dietro.
Mentre guardava il Casale, si rese conto che continuava a riflettere e a rimuginare.
Così, tra la stanchezza e il mal di testa, decise di staccare, o almeno di provare a staccare, per un attimo i pensieri neri che la stavano divorando.
Provò a limitarsi a osservare tutto il mondo che la circondava, disinnescando il gioco della mente.
In silenzio, vide che la terra del Podere era silente e addormentata.
Vide che la natura si stava risvegliando, lentamente.
Vide che il sole aveva iniziato a riscaldare con i suoi raggi le possenti mura del casale, iniziando dai tetti.
Era un giorno che nasceva.
Vivi, guardando il mondo senza filtri, vide che quando un giorno si fa nuovo, sulla terra, il sole fa nascere il mondo illuminandolo dall'alto: restituisce nuova luce alle cose iniziando dalla loro sommità.
Non è che ne cambia la forma o ne muta i colori, semplicemente, riprende ciò che già esiste e lo sottrae al buio.
Vide i tetti del casale pieni di sole e constatò che tutto l’edificio sembrava essere rinvigorito, pieno di una nuova vita.
Fu in quel momento che Vivi ebbe un’illuminazione. La seconda da quando aveva “conosciuto” il Podere per la prima volta.
Chiuse gli occhi e realizzò che la prima cosa che viene estratta, quando nasce un bambino, è la testa.
La testa è il vertice di ogni creazione possibile.
È ciò che ci rende diversi, unici, speciali.
Dunque, se quell'edificio doveva rinascere, lei non doveva curarsi né delle mura, né della pavimentazione.
No, il parto di quel casale era un parto naturale e lei, quel “bambino”, doveva afferrarlo dall'alto, dalla sua sommità.
Il Casale doveva rinascere a partire dai tetti e lei non doveva né inventare un nuovo mondo, né costruirne uno intero con nuovi materiali.
Lei doveva solo riprendere quello che il casale le offriva già… solo doveva dargli una luce nuova.
Non c’era motivo di temere: perché un travaglio può essere doloroso, ma la nascita è sempre una gioia in un gioco di luce.
Aprì gli occhi e tutto le fu più chiaro.
Si rese conto che quell'edificio era, ancora, una preziosa risorsa per tutto quello che, da quando lo aveva accattato nella sua vita, lei stava imparando di se stessa e del mondo.
Decise che avrebbe ricominciato a credere nel Podere e che quella comprensione appena acquisita era foriera di nuovo entusiasmo.
Pertanto, Vivi si rese conto che le rinascite quel giorno erano state due: una riguardava il modo in cui il Podere si era innestato nella sua vita e l’altra riguardava il modo in cui lei aveva compreso le sue paure.
Così sorrise e stabilì due cose: la prima era che la costruzione del Casale sarebbe cominciata dai tetti e la seconda era che anche lei sarebbe andata dal parrucchiere.