Ogni inizio è un percorso
Erano trascorsi dei mesi, da quando Vivi aveva deciso che voleva restituire al Casale una nuova vita e, in questa presa di posizione folle e immotivata, aveva coinvolto anche il marito.
Erano stati mesi ricchi di entusiasmo, di gioia per l’avvenuta compravendita e di felicità per aver trovato un posto dove poter innestare l’azienda agricola che la coppia aveva tanto desiderato.
Ben presto, però, tutto l’estro e tutta l’allegria possibili lasciarono spazio allo scoramento, alla fatica e a un pizzico di sfiducia.
Il Casale, per quanto fosse imponente e recuperabile, nel complesso, doveva essere ripreso per intero.
Necessitava di lavori strutturali che lo ricostruissero passo dopo passo.
IVivi, proprio per questo motivo, si recava, spesso, in Val di Doglio.
Andava per fare il punto della situazione, per cercare di quantificare spese e lavori, per parlare con delle maestranze qualificate e mettere su una squadra di operai specializzati che potesse ridare nuova vita all’edificio senza, però, snaturarne o tradirne l’antico disegno.
Da quando avevano firmato il contratto, fare da spola tra Palermo e Todi era diventato il secondo lavoro di Vivi che passava intere settimane, lontana dalla sua terra e anche dal marito, talvolta, immersa in una dimensione non sempre amichevole.
Ormai, a Doglio, piccolo paesino a ridosso del Podere, dove Vivi si fermava a soggiornare durante le settimane lontana da casa, la gente del luogo la chiamava “La Signora delle Corone” e la trattava con un misto di indifferenza e reverenza; di gentilezza e distanza; di curiosità e disinteresse.
Tutti si chiedevano perché due siciliani avessero acquistato un Casale in Umbria e che cosa intendessero farci.
Quel Casale che, per molti rappresentava la culla della loro infanzia e il fondamento delle loro radici, era finito nelle mani di gente sconosciuta che non solo non aveva niente a che fare con la tradizione del Podere Le Corone, ma non aveva niente a che fare nemmeno con la storia umbra.
A dire la verità, viste le difficoltà pratiche legate all’avvio dei lavori, anche la coppia di siciliani si chiedeva perché mai avessero comprato quel casale.
Vivi, infatti, tutte le volte che arrivava in prossimità della collina sulla quale sorgeva l’edificio diroccato, si sentiva un nodo allo stomaco.
Avvertiva la sensazione di chi, forse, aveva agito di impulso e non si dava pace per aver trascinato se stessa e il marito in quella impresa che, giorno dopo giorno e preventivo dopo preventivo, sembrava essere più titanica del previsto.
E, a ogni difficoltà sopraggiunta o a ogni modifica dei costi, la sensazione diventava sempre più forte.
Una notte, mentre da sola, soggiornava in un B&B a Doglio, Vivi non era riuscita a chiudere occhio.
“Domani sera, torno!” - aveva detto al marito, prima di mettersi sotto le coperte - “ E vediamo cosa fare del Casale. Non so se ne è valsa la pena!”
“Rifletti bene” - le aveva suggerito lui – “Magari è solo questione di tempo… cerca di riposare …”
Ma di riposare, proprio non se ne parlava.
I pensieri le davano il tormento ed era tentata di mollare tutto.
I preventivi, che le squadre a cui si erano rivolti le avevano presentato, erano eccessivi.
Acquistare ex novo tutto il materiale, per rimettere su 1600 mq di edificio, significava svenarsi e andare in perdita.
Decise così che avrebbe dovuto trovare una soluzione percorribile e che si sarebbe assunta tutte le sue responsabilità.
Ebbene sì, all’alba sarebbe andata sulla collina a parlare con il Podere.
In fondo, pensò, era stato il Podere a darle un motivo per prenderlo con sé e doveva essere il Podere a darle un motivo per restargli accanto.
E così fece...