Fidati di me
Quando il marito e l’amico tornarono dal loro giro di perlustrazione attorno al Casale, trovarono Vivi con uno sguardo diverso: più sereno, tranquillo, fiducioso.
Era come se, nel tempo in cui i due si erano assentati, fosse successo qualcosa che aveva cambiato l‘umore, i pensieri e i battiti del cuore della donna.
L’amico si soffermò a guardare dei particolari nell’aia adiacente al cortile in cui si trovava Vivi.
Il marito, invece, la raggiunse.
“Andiamo!” – disse – “Là dietro, la situazione non cambia. È tutto un susseguirsi di mura decadute, crepe e tetti sfondati. Non è il luogo che fa per noi!”
Vivi vide la risolutezza negli occhi del consorte e d’istinto gli afferrò la mano.
Gli disse: “Aspetta! Non è così! Questo posto va bene. Prendiamolo! È quello che stavamo cercando…”
Il marito la guardò stranito e confuso.
Insomma, solo pochi minuti prima gli era sembrato che anche i pensieri di lei convergessero nella direzione dell’impossibilità di gestire un rudere così grande e diroccato e, adesso invece, per motivi a lui sconosciuti, sua moglie andava in una direzione, assolutamente, impensabile.
“Perché?” – le chiese, stranito.
“Perché questo posto ha una storia da raccontarci. Non è solo un insieme di pietre, mura e travi. Questo posto pare che abbia una sua dimensione autonoma… Non lo so… Ho chiuso gli occhi, mi sono poggiata a questa pietra e sono riuscita a vedere come poteva essere vivere qui. Con un po’ di immaginazione e fiducia, sono riuscita a proiettare nel futuro tutte le vicende che questo luogo ha protetto, custodito e benedetto. Mi sono detta che, se questo edificio cade, quelle esistenze si perdono per sempre. Non chiedermi perché, ma so che salvare questo posto significa proseguire un percorso: significa far nascere nuovi ricordi e tutelare quelli antichi. Significa avere nuove mani alle quali aggrapparsi e proiettare i confini del tempo verso l’infinito. Non è solo un Casale. È la terra, il tempo, il lavoro e la storia che rappresenta. È il modo tutto unico che questo posto ha di trasmettere pace e serenità. Dobbiamo ricostruire questo edificio. Sento che è la cosa più giusta che possiamo fare…”
Detto ciò, lo guardò fisso negli occhi e, accennando a un sorriso, aggiunse: “Fidati…”
Vivi non era una che si perdeva in romanticherie. Non lo era mai stata, anzi.
Il suo rapporto con il compagno di una vita era caratterizzato da concretezza, presenza e forza.
Un amore costruito dai fatti, dallo starsi accanto in modo pratico e deciso.
Un amore che spesso doveva fare i conti anche con costi, benefici e perdite.
Per questo, quando il marito la sentì parlare in quel modo, si rese conto che, effettivamente, Vivi era stata profondamente colpita da qualcosa di inspiegabile alle ragioni della ragione.
Capì che la moglie aveva occhi che perforavano il buio dell’ignoto e così, come aveva sempre fatto da quando l’aveva conosciuta, decise di seguire l’istinto della compagna.
Annuì in silenzio, le strinse le mani e le sorrise.
Si girò verso l’amico che li aspettava un po’ in disparte e, alzando un po’ il tono della voce perché potesse sentirlo,gridò:
“Ti ricordi che ti ho detto che non se ne faceva nulla?”
L’amico annuì.
“E invece si fa…”
L’amico sorrise, capì che Vivi aveva cambiato il cuore del marito una volta e continuava a farlo di continuo, guardò i due coniugi, uno accanto all'altro, e capì che semmai quel posto sarebbe stato recuperato, avrebbe custodito, per sempre, il profumo e i passi di una donna.